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"Insino nel ventre di sua madre era pittore" (Giorgione su Tiziano).

Dopo la caduta di Firenze, Nel '500 Venezia rimase l'unico stato italiano indipendente. La scoperta delle Americhe l'avevano esclusa dalle nuove rotte atlantiche, per cui la Serenissima attuò una politica territoriale più aggressiva. Non risentendo ancora delle incombenze turche e della crisi economica, la Repubblica ribadì la propria diversità in campo artistico, nel quale tra l'altro era sempre stata più vicina ai modelli bizantini, e rinnegò tutte le varie rivoluzioni rinascimentali tipiche di Firenze e Roma con protagonisti tra gli altri Michelangelo, Raffaello e Leonardo. Fu così che si creò un certo ceto sociale, piuttosto ricco, che permise di venir fuori a molti intellettuali e pensieri artistici che vanno a costituire il cosidetto Rinascimento Veneziano.


Si hanno poche notizie certe di Giorgione, considerato il capostipite della nuova scuola veneziana. Nacque a Castelfranco intorno al 1477 e fece parte della cerchia di Giovanni Bellini e in seguito da pittore indipendente aprì bottega e divenne maestro di Tiziano. Di lui abbiamo una produzione piuttosto limitata, poiché dipingeva solo su committenza patrizia e preferiva soggetti mitologici, i quali erano meno richiesti rispetto ai molto più in voga, ormai da secoli, soggetti di carattere religioso. La vita di Giorgione è stata ricostruita con grande fantasia e si racconta che sia morto all'incirca trentenne di peste, contratta da una donne della quale si era innamorato. Tuttavia, nonostante queste poche informazioni, Giorgione ha lasciato un segno indelebile nella pittura occidentale con il suo uso innovativo del colore e il suo misterioso simbolismo


"La tempesta" è un dipinto risalente agli inizi del '500 e ha rappresentato una sorta di rompicapo per tutti gli studiosi e critici d'arte dell'ultimo secolo riguardo il suo significato. Il dipinto rappresenta un piccolo paesaggio boscoso separato con un fiume da una cittadella sullo sfondo. In primo piano abbiamo due figure simboliche: una madre che allatta un bambino sulla destra e un uomo a sinistra. Secondo alcuni la donna è Venere, l'uomo Marte, mentre la folgore il cielo si riferisce a Giove. Altri invece sostengono che si tratti di una rappresentazione di Adamo ed Eva con Caino, con il fiume Tigri in secondo piano, l'ira di Dio rappresentata dalla tempesta e l'Eden attorno ai personaggi. Ancora oggi non si è certi del reale significato dell'opera e sono state date ben 28 interpretazioni diverse. Dal punto di vista tecnico invece è da notare come nella pittura di Giorgione primeggi una visione naturalistica e i personaggi consistano in masse di colore senza disegno preparatorio. Proprio così Giorgione dà vita al cosidetto tonalismo veneziano, di cui si farà padrone Tiziano. 


Tiziano Vecellio nacque intorno al 1490 a Pieve di Cadore e fu prima compagno di Bellini e in seguito allievo di Giorgione, dal quale apprese il tonalismo, senza dimenticare che partecipò ad una lezione tenuta da Leonardo grazie alla quale apprese diversi spunti per il disegno, piano sul quale era più carente e per cui verrà criticato fortemente da Michelangelo, il quale comunque apprezzava l'uso sapiente del colore dell'amico-rivale. Viaggiò per l'Italia, lavorando soprattutto a Venezia ma anche a Roma, Mantova e Ferrara, e in Europa, ad Augusta e Innsburck, diventando primo pittore di Venezia e di Carlo V. Tentò sempre di rinnovarsi e sperimentare e nell'ultima parte della sua vita arrivò a stendere il colore senza pennelli ma solo con l'ausilio delle dita. Morì a Venezia nel 1576.


"Amor sacro e amor profano" è un'opera del 1514 a carattere mitologico. Fu commissionata a Tiziano dal politico veneziano Niccolò Aurelio e rappresenta le personificazioni dell'amor sacro a destra e dell'amor profano a sinistra. Il primo è dato dalla figura di Venere e riguarda la bellezza spirituale, il secondo è dato dalla figura di Laura Bagarotto, moglie del committente e simbolo dell'amore coniugale. In mezzo troviamo il simbolo dell'amore, il dio greco Cupido. Tiziano sembra molto vicino a Giorgione per quanto riguarda i paesaggi sullo sfondo e la presenza di soggetti mitologici, fermo restando che Tiziano nella sua carriera si ritroverà a dipingere molti più soggetti cristiani tra cui diverse pale d'altare. Tiziano dimostra di padroneggiare il tonalismo e le masse di colore molto accese sono modulate alla perfezione. 


Veronese fu l'unico che in questo periodo riuscì ad accumulare fama e ricchezze paragonabili a quelle di Tiziano. Nato a Verona nel 1528 ma operante a Venezia per quasi tutta la sua vita, Veronese si contraddistinse per il suo carattere stravagante e per la sua concezione della pittura alquanto differente da quella di Giorgione e Tiziano, ma anche da quella del contemporaneo Tintoretto. Veronese predilige la giustapposizione di colori complementari, che favoriva la luminosità nei suoi dipinti evitando così il chiaroscuro tipico del tonalismo tizianesco. Inoltre lavorò molto sui colori anche dal punto di vista teorico ipotizzando giustamente che nero e bianco non sono veramente due colori. Per questa differente visione, Tiziano non lo considerò mai un degno rivale. Morì a Venezia nel 1588. 


"Cena in casa di Levi" è uno dei dipinti più famosi e soprattutto controversi di Veronese. Le cene erano uno dei soggetti prediletti di Veronese e venivano sfruttati soprattutto per rappresentare lo sfarzo dei banchetti veneziani, infatti in questo dipinto Veronese mette in mostra una grande contraddizione: nonostante Venezia sia sull'orlo di un disastro economico, si continuano ad organizzare banchetti e tavolate lussuose e molto care. Veronese si mostra molto attento ai minimi particolari e rappresenta molti più personaggi rispetto ai canonici 13 di ogni cena, passando dai nani ai servitori fino ad arrivare alle guardie che bevono e mangiano anziché sorvegliare. Il dipinto finì sotto il giudizio del Tribunale dell'Inquisizione, il quale accusò Veronese di inserito oscenità in una rappresentazione sacra. Veronese rispose ""nui pitori si pigliamo la licentia che si piglino i poeti et i matti" e "se nel quadro vi avanza spacio io l'adorno di figure, secondo le inventioni". Intendeva dire che la sua pittura è un atto istintivo e i personaggi vengono inseriti più per riempire gli spazi che per una reale bisogno. Alla fine Veronese evitò la condanna. 


Tintoretto, nome d'arte di Jacopo Robusti, nacque da una padre tintore a Venezia. Divenne allievo di Tiziano e da lui apprese il tonalismo, inoltre si ispirò molto anche a Michelangelo. Tintoretto fu per molto tempo al servizio di Venezia e operò soprattutto per quanto riguarda l'ambito delle scuole, luoghi nei quali avveniva l'istruzione riguardo temi cattolici, infatti l'arte di Tintoretto sarà totalmente in linea con quella della controriforma e si occuperà in particolare di soggetti religiosi. Morì nel 1594 a Venezia a causa di una febbre altissima durata due settimane. 


"L'ultima cena" è l'ultimo dipinto di Tintoretto realizzata nel 1594. L'opera si rivela molti innovativa per l'ambientazione, un'osteria popolare, per la mensa disposta diagonalmente e scorciata prospetticamente, e per la luce che diviene protagonista assoluta e proveniente da una lampada sospesa al soffitto. Tintoretto riproduce anche la penombra per mettere in risalto i particolare rintracciabili in una taverna veneziana di quel tempo, e contrappone alla luce naturale della lampada quella innaturale di Cristo e degli apostoli. Gli angeli invece non hanno corpo e sono costituiti da filamenti evanescenti. Le varie fonti di illuminazione si rapportano tra di loro e ritagliano i personaggi nella penombra o i servi che entrano nella penombra, quindi si costruisce uno spazio irreale. Per questo motivo Tintoretto divenne un precursore dell'ormai prossimo Barocco





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