Loco

"La differenza tra me ed un pazzo? È che io non sono pazzo" (Salvador Dalì).


Una volta un signore andò a mangiare, come era solito fare, in un ristorante. Da qualche anno ogni qual volta si sedeva aspettava la fatidica domanda: "posso sedermi accanto a lei?". Ebbene, lo scocciatore di turno non tardò ad arrivare e l'elegante signore, con un fare freddo e imperturbabile, esclamò: "Nessun problema. Metta cinquemila dollari sulla tavola o se ne vada". E sempre con calma e pacatezza, senza proferir parola, si intascò i cinquemila dollari.

Il signore in questione era Salvador Domènec Felip Jacint Dalì i Domènech, meglio conosciuto come Salvador Dalì. Egli nacque a Figueres, in Catalogna, l'11 maggio del 1904. Salvador aveva un omonimo fratello maggiore il quale era morto nove mesi prima della sua nascita. Quando fu portato alla sua tomba all'età di cinque anni rimase particolarmente segnato, mentre a sedici anni fu colpito dalla morte della madre. Due anni dopo invece fu accusato di aver organizzato una protesta in un'accademia e tale episodio lo portò all'arresto nel 1924. Proprio a questo periodo appartiene una delle sue prima opere, "Il bambino malato".


Questo quadro è molto indicativo circa la personalità di Dalì. Infatti il giovane, accusato ingiustamente, si sentì molto provato dall'esperienza di trentacinque giorni in carcere e il risultato ne fu questo autoritratto che descrive il suo stato d'animo. "Alla fine non ero altro che uno scheletro, un mostro senza corpo, armato di una sola mano, di un occhio e di un cervello". Questa sua frase seguente all'uscita dal carcere descrive perfettamente l'opera: il viso deperito, la mano scheletrica, la pelle giallastra trasmettono tristezza. La gabbia con l'uccellino rappresenta la sua precedente esperienza mentre le vele sullo sfondo richiamano alla sua terra natia, la quale riesce a strappargli un flebile sorriso.

Nel 1922 Salvador Dalì diede una svolta alla sua vita trasferendosi a Madrid per frequentare l'Accademia di belle arti San Fernando. Nella capitale Dalì incrementò la sua produzione artistica e subì particolarmente l'influenza del Cubsimo. Purtroppo il suo fare stravagante e senza peli sulla lingua lo portò ad essere espulso dall'accademia poco prima degli esami finali, sostenendo che non ci fosse nessuno degno di esaminarlo. Tuttavia la sua evoluzione artistica era ormai inarrestabile e sempre più basata sulle arti rinascimentali e proiettata verso il Dadaismo e importante fu l'incontro con Picasso, che ammirava molto. "Picasso è un genio. Come me. Picasso è un comunista. Io no".


Nel 1929 Salvador Dalì conobbe il suo primo amore e sua futura moglie Gala, modella e mercante d'arte russa. Poco tempo dopo averla conosciuta dipinse "Il grande masturbatore". Dal significato complesso, quest'opera attirò diverse critiche e suscitò parecchio scalpore all'epoca. Dalì realizzò una sorta di autoritratto, con il suo volto rappresentato in parte con delle forme molli. In alto a destra il viso subisce una mutazione, tramutandosi in una donna intenta a praticare un fellatio ad un uomo. Ciò indica un momento di intima dolcezza ma anche paura per quello che potrà essere con la donna da poco conosciuta. Nella parte inferiore del dipinto troviamo una cavalletta, animale molto odiato dall'artista e che viene disegnata volutamente col ventre in decomposizione e ricoperto di formiche. Inoltre troviamo diversi oggetti che richiamano l'infanzia di Dalì come le conchiglie e i sassi. Tutto ciò ci porta a dire che quest'opera può essere considerata un viaggio a 360° nella psiche di Salvador.

Tralasciando l'incontro con Gala, il 1929 fu un anno molto importante per Dalì. Egli organizzò molte mostre e si unì al gruppo dei surrealisti di Montparnasse. Tuttavia ciò portò alla rottura del rapporto con il padre, il quale disapprovava la sua entrata nel gruppo e il rapporto con Gala. In più i comportamenti stravaganti del figlio furono giudicati da lui moralmente scorretti. Sul finire del 1929 Dalì fu diseredato e la sua reazione la si potrebbe definire un quadro surrealista. Egli andò dal padre e gli mise in mano un preservativo con il suo sperma esclamando: "Tieni! Ora non ti devo più nulla!" In seguito andò a convivere con Gala, si sposarono nel 1934 e negli anni a seguire realizzò il suo grande capolavoro, "La persistenza della memoria".


Quest'opera realizzata nel 1931 nasconde spunti geniali ed è basta sull'elasticità del tempo e la sua relatività. Dalì cerca di esprimere che il tempo è qualcosa che non possiamo controllare, tende a variare e a non rimanere sempre statico. I quattro orologi presenti sono liquefatti. La mosca presente su un orologio fa intendere che il tempo è come una carogna mentre le formiche che coprono un altro orologio spiegano come il tempo non può essere oggettivo, richiamando alla teoria della relatività di Einstein. Infine, un altro orologio liquefatto si abbandona sull'immancabile ritratto nascosto di Dalì, in questo caso composto semplicemente dell'occhio e del naso.

L'America e più precisamente New York divenne terra di conquista nel 1934, quando venne accolto con un ballo in suo onore e il diretto interessato decise di presentarsi con una scatola di vetro sul petto contenente un reggiseno. Dalì e Gala ebbero anche modo di partecipare ad una festa in maschera e pure in questo caso la scelta dell'abbigliamento non fu particolarmente azzeccata, poiché si travestirono come il figlio di Charles Lindbergh e il suo rapitore. Si trattava di un delicato fatto di cronaca e ciò portò Dalì a scusarsi pubblicamente. I surrealisti gli rimproverarono di essersi scusato di un gesto in linea con le idee del gruppo e inoltre le sue ideologie politiche lo portarono addirittura all'espulsione. In seguito Dalì affermerà: "il Surrealismo sono io".


Nel 1936 venne realizzata un'opera dalle forme strane e inquietanti, ovvero "Morbida costruzione con fagioli bolliti: premonizione di guerra civile". Fu dipinta sei mesi prima dello scoppio della guerra civile spagnola ed è tremendamente affascinante pensare che Dalì avesse già previsto l'evento semplicemente valutando attentamente la situazione politica. Il quadro presenta lo scontro tra due figure antropomorfe. La scena è a tratti disturbante, con il volto della prima figura pervaso di terrore e la sua mammella stretta con violenza dalla seconda figura, retta da una cassa di legno. Per terra vediamo dei fagioli che rappresentano la fame e un medico che si mostra indifferente allo scontro ed esamina il territorio desolato. Con quest'opera Dalì è riuscito a centrare appieno il concetto della guerra e della sofferenza.


L'anno seguente invece terminò "La metamorfosi di Narciso", quadro ambiguo, ricco di riferimenti e dal significato figurato. Viene rappresentato il personaggio mitologico Narciso che subisce una metamorfosi che porta il proprio corpo a fossilizzarsi. Dalì non raffigura solo un momento della trasformazione, ma il prima e il dopo: sulla sinistra abbiamo colori accesi e sullo sfondo figure che richiamano al Manierismo, sulla destra invece abbiamo un paesaggio più glaciale. Sostanzialmente la differenza sta nelle due figure poiché la prima si specchia nel lago ed è integra, mentre la seconda da l'impressione di essere morta e il suo corpo assume le sembianze di una mano che regge un uovo, ovvero la testa. Questo mutamento indicherebbe l'atto della masturbazione o, più probabilmente, la morte. Nella confusione di questo scenario onirico, compare sull'estrema destra della tela la statua di Narciso.

Nel 1980 la moglie Gala, causa demenza senile, gli somministrò un cocktail di medicinali che ridusse Dalì senza forze e gli portò in seguito gli stessi sintomi del Parkinson. Non potendo più dipingere come una volta si limitò a semplici disegni e in seguito alla morte di Gala si sospetta abbia tentato più di una volta il suicidio. Negli anni a seguire le sue condizioni di salute peggiorarono e si ritirò a Figueres. Sul letto di morte ricevette onorificenze e complimenti per la carriera da parte del re di Spagna Juan Carlos e spesso ironizzando sul suo stato di salute era solito dire: "Accendete un po' la televisione, voglio sapere come sto". Mentre ascoltava Tristano e Isotta di Wagner, il 23 gennaio 1989 venne colpito da un attacco di cuore. I funerali si tennero ovviamente nella sua città natale.


Dalì è stato forse l'artista più completo della storia e ciò è confermato dal suo interesse verso le altre discipline artistiche quali scultura, moda, cinema e fotografia. Specialmente in questi ultimi due campi il suo contributo fu veramente importante e diede quel tocco di follia che non mancava mai in ogni sua azione o parola. La sua idea di arte, che si tramutò nella fase finale in simbolista-surrealista, potrebbe essere sintetizzata in una sola opera, "La rosa meditativa". Il dipinto raffigura una grande rosa sospesa in un cielo azzurro sopra un paesaggio desolato e nel vuoto che troviamo attorno al fiore emergono in basso due figure, probabilmente Dalì e Gala. La rosa per il pittore spagnolo rappresentava la femminilità e la delicatezza della donna e il cielo azzurro invece trasmette una certa quiete, quella che Dalì ha inseguito una vita intera e che riuscì a trovare con Gala.
Non possiamo sapere cosa passasse nella sua testa quando dipingeva ma una cosa è certa: Salvador Dalì potrà sembrare strano, potrà sembrare eccentrico, per alcuni anche sopravvalutato, ma è sempre stato schietto e sincero come pochi altri nella storia e gli va riconosciuto il merito di essere stata una persona vera, in tutto e per tutto.














  





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