La Vienna d'oro

 "Chi sa vedere le cose belle è perché ha la bellezza dentro di sé" (Gustav Klimt).


Gustav Klimt nasce nel 1862 a Baumgarten, sobborgo di Vienna, ed è il secondo di 7 figli di Franz Klimt e Anna Finster. Mostrò sin da subito, così come i fratelli e le sorelle, una forte predisposizione artistica, e malgrado la situazione economica non proprio agevole iniziò a frequentare nel 1876 la Scuola di Arti e Mestieri del Museo Imperiale e Reale Austriaco di Arte e Industria, in particolare il corso di specializzazione in pittura ma senza tralasciare altre tecniche come il mosaico e la ceramica.

Nel 1879 fondò insieme al fratello Ernst e al compagno di studi Franz Matsch la Kunstler-Compagnie, un gruppo di artisti specializzato nella realizzazione di dipinti su pareti e soffitti per i teatri della città. Le commissioni non tardarono ad arrivare, come ad esempio quella per la scala monumentale del Burgtheater di Vienna e del Kunsthistorisches Museum, ricevendo anche riconoscimenti imperiali per il suo lavoro. Tale esperienza terminò dopo la morte del fratello Ernst nel 1892, e in questi anni conobbe anche la donna più importante della sua vita, Emilie Floge.


Il Ministero della Pubblica Istruzione affidò a Klimt e Matsch la realizzazione dei dipinti del soffitto dell'Aula Magna dell'Università di Vienna. I dipinti avrebbero raffigurato le allegorie della Filosofia, della Medicina e della Giustizia. Le opere furono terminate nel 1907, e in particolare quello che sconcertò di più all'epoca fu il discostamento di Klimt dai classici canoni allegorici. In "Filosofia" il dissolversi dei contorni è simbolo di sfiducia nei confronti della concezione positivista dell'epoca che permeava la società. "Medicina" fu molto criticato perché non venne celebrata la grandezza della disciplina medica, quanto piuttosto si focalizzò sull'impotenza dell'uomo dinanzi alla morte, la quale sopraggiunge per tutti. Infine "Giurisprudenza" si discosta dalle due opere gemelle, accostandosi di più, almeno dal punto di vista puramente stilistico, alle opere che comporranno il cosiddetto "Periodo d'oro", mentre dal punto di vista concettuale è sempre presente un contropensiero rispetto all'epoca, con la Giustizia rappresentata come una figura vendicativa e che infligge punizioni. Purtroppo tali opere sono andate distrutte in un incendio del 1945 nel castello di Immendorf, ma grazie alle testimonianze fotografiche giunte a noi oggi, è stato possibile ricostruire le immagini a colori tramite sistemi di intelligenza artificiale.

Nel 1897, sulla scia del crescente disaccordo di Klimt con i canoni accademici, fu fondata la Secessione Viennese, ovvero l'associazione degli artisti visivi austriaci, di cui proprio Klimt fu il primo presidente. Il  gruppo pubblicò un periodico fino al 1903 chiamato Ver Sacrum o organizzò periodicamente delle mostre pubblicizzate con dei manifesti presso il palazzo della secessione, costruito appositamente. Il programma del gruppo, esposto sulla rivista, si basava su una parità tra arti maggiori e arti minori, infatti vie era uno stretto legame tra belle arti, architettura e design, e molti designer e scenografi entrarono a far parte del gruppo come Otto Wagber, Josef Hoffmann, Joseph Maria Olbrich, Koloman Moser e Alfred Roller. Questi ultimi due furono tra i progettisti delle ventitre mostre allestite, le quali si distinsero per la modernità delle loro presentazioni espositive. le mostre erano infatti accompagnate da manifesti con una grafica molto innovativa. Anche l'artigianato, in particolar modo quello del vetro, ebbe grande risalto.


A seguito di due visite a Ravenna avvenute nel 1903, Klimt entrò in contatto con i mosaici bizantini. Dapprima, già il padre e il fratello lavoravano in oreficeria, e in quegli stessi anni nacquero i Laboratori Viennesi, tutt'oggi attivi nel mondo del design, ai quali Klimt si avvicinò sin da subito. Questa serie di elementi insieme fu decisiva per la nascita del "Periodo Aureo", nel quale sono collocati alcuni tra i lavori più famosi dell'artista viennese come "Giuditta I". Giuditta si trova in secondo piano e il suo nudo unito alle decorazioni dorate è simbolo della bellezza femminile. Gli occhi sono semichiusi e la bocca leggermente aperta, elementi che contribuiscono a darle un'aura di leggero erotismo, mentre in basso a destra regge la testa di Oloferne. Il fondo dorato riprende le tavolette gotiche, sui cui troviamo figure geometriche che riproducono un paesaggio stilizzato. La linea di contorno è assente, con Giuditta che sfuma confondenosi con lo sfondo, un po' come avviene in "Filosofia". A posteriori, l'utilizzo dell'oro da parte del miglior artista austriaco dell'epoca, sembra indicare la decadenza dell'impero asburgico, che da l'a breve avrebbe conosciuto la sua fine.

Klimt in questi anni ebbe spesso il ruolo di artista scandaloso, perché per primo iniziò a concentrarsi in modo importante sull'erotismo femminile. "Giuditta I" si pose come classico esempio di femme fatale, figura sempre più gettonata nella letteratura dell'epoca. Questa donna erotica e assassina descritta in "Giuditta I" richiamò all'attenzione il ruolo della donna rispetto all'uomo in società, e dunque il rapporto tra i sessi, che a Vienna ad inizio '900 era molto dibattuto. Rapporti tra i sessi, autodeterminazione e determinazione esterna sono tutti argomenti che poi diverranno oggetto di studio sempre nella Vienna dell'epoca da parte di figure importanti, in primis Sigmund Freud.


"Le tre età della donna" e "Il bacio" sono considerate tra le opere più famose di Klimt, e anche esse appartengono al periodo aureo. In entrambe le opere le figure risaltano dallo sfondo con contorni ben definiti, con il decorativismo geometrico che è presente sia sullo sfondo sia sulle vesti dei soggetti. Nella prima opera viene rappresentato in modo simbolico lo scorrere del tempo di una figura femminile, mostrando l'età infantile, adulta e anziana. La scena sembra divisa in due, da una parte la vitalità sprigionata da quelle che sembrano essere una madre con la figlia piccola in braccio, dall'altra la signora anziana che si copre il volto in segno di stanchezza. Nella seconda, la scena appare più luminosa grazie all'utilizzo di una differente tonalità d'oro. I due corpi sono posizionati come se si incastrassero perfettamente tra di loro, simbolo del perfetto legame tra un uomo e una donna che si amano. Si contrappongono in modo palese le geometrie degli abiti, più squadrate quelle dell'uomo, più morbide e rotonde quelle della donna, ma il tutto è poi unito da una specie di crisalide d'oro che avvolge i due amanti, il cui bacio sugella l'eros. Crea un bel contrasto il manto erboso sul quale poggiano, caratterizzato da una policromia che però non interferisce con la monocromia dei due corpi abbracciati.


Il lavoro di Klimt è fortemente legato alla sua abilità nella ritrattistica, dedicandosi però quasi esclusivamente a ritratti femminili. Nei suoi primi anni, i ritratti sono molto fotorealistici, evolvendosi poi gradualmente verso una tecnica più impressionista qual è lo sfumato, e infine verso la tecnica a mosaico del periodo aureo. Fondamentale per Klimt è la postura del modello. La maggior parte dei committenti sono famiglia dell'alta borghesia, come la famiglia Bloch-Bauer. In "Ritratto di Adele Bloch-Bauer I", lo sfondo dorato da l'idea di un mosaico ancor più rispetto ai dipinti precedenti. La forma quadrata del ritratto conferisce maggior qualità ornamentale, e il corpo della donna è reso in modo bidimensionale. Lo schienale della poltrona diventa una sorta di aureola, mentre il vestito in basso si apre a campana ed è costituito da un insieme di forme geometriche differenti.


Con "Giuditta II" nel 1909, si chiuse il periodo aureo di Klimt ed ebbe inizio il periodo maturo, caratterizzato anche da crisi artistiche causate dall'incontro con altre pitture come quelle di Van Gogh, Matisse e Toulouse-Lautrec. Mise da parte le linee sinuose dell'Art Nouveau e si concentrò ampiamente sulla realizzazione di paesaggi, grazie anche all'influenza di Monet e dell'Impressionismo, mentre altre opere palesano un uso del colore più aggressivo, sulla scia dell'esperienze fauvista ed espressionista. IN questi anni Klimt viaggiò molto soprattutto in Italia, esponendo a Venezia ventidue opere tra cui "Ritratto di Signora", a Roma, e inoltre visitò la zona del Garda, la quale fu decisiva per la realizzazione dei suoi paesaggi più famosi, che molto ricordano i paesaggi impressionisti di Monet, con vasti prati ricoperti da fiori, come ad esempio "Paesaggio italiano".



"Ritratto di signora" e "La culla" sono tra le ultime opere realizzate dal pittore. Nella prima ritroviamo uno dei soggetti preferiti, ovvero un ritratto femminile, realizzato con uno sfondo verde acido e il soggetto che presenta una pelle con una colorazione irreale. Evidente è l'influenza dell'espressionismo nell'uso dei colori, così come lo è nel secondo dipinto, dove l'esplosione di colori e la geometria della composizione riportano in mente alle opere fauviste.

Klimt morì il 6 febbraio 1918 a seguito delle complicanze di un ictus che lo aveva colpito un mese prima e di una polmonite. Molte sue opere rimasero incompiute. Passato alla storia come forse il più grande artista austriaco di sempre, Klimt ha avuto il merito di aver dato vita ad una delle esperienze più interessanti di fine '800, ovvero l'aver creato un movimento artistico che seppe riunire più campi, dalla pittura all'architettura, dal design all'artigianato. Tale movimento si distinse per la sua modernità e innovazione, e lo stesso Klimt nel corso dei suoi anni seppe reinventarsi più volte, mostrando anche una grande apertura mentale quando venne a contatto con pensieri artistici apparentemente così diversi dal suo, riuscendo ad integrare nelle sue opere tratti delle avanguardie novecentesche e rinnovandosi in un periodo in cui le sue idee artistiche si erano esaurite.

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