Un rapporto complicato

"Non parlar male della nostra povera piccola casa gialla" (Vincent van Gogh in una lettera a Paul Gauguin).

Nella seconda metà dell'800 la figura dell'artista si trasformò in qualcosa di più complesso. L'artista non era più un lavoratore che dipingeva solo ed esclusivamente sotto le dipendenze di un singolo individuo o di una nobile famiglia, ma era una persona che aveva un'idea fissa di arte e pertanto rappresentava ciò che voleva, quando voleva, come voleva. Inoltre questi nuovi artisti desideravano evolversi e sviluppare le proprie conoscenze e ciò era possibile solo confrontandosi con altri pittori e quindi con altri pensieri artistici. Van Gogh più degli altri cercò di creare una comunità di artisti che potesse dar vita ad una nuova arte. Il primo e purtroppo anche ultimo tassello di questo progetto di Paul Gauguin.


I due si conobbero a Parigi, a seguito del trasferimento di Van Gogh. L'artista olandese rimase molto colpito dall'ambiente parigino, ricco d'innovazione e colori, e decise di fare amicizia con i pittori dell'epoca in modo da arricchire le proprie conoscenze ed espandere i suoi orizzonti. I Nabis, i puntinisti e soprattutto gli impressionisti furono fondamentali per la sua crescita e ancor di più lo furono figure come quelle di Bernard e Gauguin. I tre qualche volta esposero anche insieme, tuttavia tra l'ex marinaio e il nativo di Zundert non scoccò mai quella scintilla che invece ci fu con Pissarro o Toulouse-Lautrec. L'arrivo ad Arles nella cosiddetta "casa gialla" fu una rinascita per Vincent, il quale a lungo andare si sentì oppresso dalla capitale francese.

Ad Arles iniziò una grande produzione e molte delle sue opere più famose risalgono infatti a quel periodo. La voglia di confrontarsi con qualcuno però era tanta e perciò chiese al fratello Theo di trovargli un coinquilino. Bernard e Gauguin, i due contattati, inizialmente tentennarono di fronte a quest'offerta Successivamente, a seguito di un patto con Theo, Gauguin si trasferì da Van Gogh il 23 ottobre del 1888. Per l'arrivo del simbolista francese il padrone di casa tappezzò le pareti con i suoi celebri girasoli per creare un'atmosfera accogliente, ma questo espediente non riscosse particolare successo. Questo perché i due, all'apparenza simili, sono in realtà diversissimi.


Uno dei quadri più conosciuti del periodo di convivenza ad Arles è "La sedia di Vincent", realizzato dal suddetto artista nel 1888. Van Gogh trae ispirazione da un'opera dell'inglese Luke Fildes, il quale aveva riprodotto la sedia lasciata vuota alla sua morte da Charles Dickens, uno degli scrittori preferiti dell'olandese. La cromia usata è vivace e basata su tre colori: giallo, arancione e turchese. Tale accordo di colori ricorda l'opera che ritrae la stanza di Vincent. La sedia è posizionata come se fosse un ritratto. A confermare la personalizzazione della sedia troviamo l'immancabile pipa con il tabacco e una cassetta con dei girasoli sul retro, con sotto la firma.


Altro quadro relativo a quel periodo che va pensato in coppia con "La sedia di Vincent" è "La sedia di Gauguin". L'accordo cromatico balza subito all'occhio per la sua diversità rispetto al quadro gemello, poiché vengono usate tinte forti quali il verde scuro e il marrone. Altra differenza evidente è che la sedia di Gauguin è una sorta di poltrona, molto più comoda della sedia di paglia di Van Gogh, quasi a voler simboleggiare una forma di rispetto misto a devozione per colui che gli avrebbe potuto insegnare tantissimo. Infatti ricordiamo che anche "La sedia di Gauguin" è realizzata da Van Gogh.

Gauguin raccontò di come in quella casa si respirasse un'aria malsana, specialmente quando dipingevano: Paul era molto schematico e ordinato mentre Vincent lasciava tutti i tubetti dei colori aperti e non sistemava niente. Già questo lasciava intendere come fossero persone molto diverse e proprio questa diversità ha portato ad una separazione tanto traumatica quanto sconvolgente. Presagendo il crollo del suo progetto Van Gogh si mutilò un orecchio con un rasoio dopo aver visto Gauguin uscire di casa durante una notte. In seguito consegnò l'orecchio ad una prostituta e tornò a dormire. Il giorno dopo la polizia lo ritrovò senza conoscenza in casa. Gauguin venne a sapere dell'accaduto e decise di partire immediatamente. Van Gogh pregò in delle lettere a Gauguin di non buttar fango sulla loro convivenza e sulla "loro" casa e le sue richieste furono esaudite. Inoltre non mostrò rancore e sperò fino alla fine di una ripresa del rapporto. Un rapporto che, in fin dei conti, non c'è mai stato.


Molti oggigiorno affermano che quella convivenza forzata si rivelò un fiasco, altri invece sostengono di come l'uno abbia imparato molto dall'altro. Entrambe le affermazioni in effetti possono essere considerate vere. Inizialmente entrambi hanno cercato di apprendere il possibile, l'uno perché credeva fortemente in quel che faceva, l'altro perché non voleva sprecare il suo tempo a fare viaggi di piacere senza alcuno scopo. Quindi, volente o nolente, Gauguin cercò di migliorarsi anche in un ambiente che non lo metteva a proprio agio. Solamente alla fine le crepe iniziali si sono aperte ancor di più e ciò probabilmente è un bene perché questo rapporto, a lungo termine, non avrebbe giovato né all'uno né all'altro e avrebbe rischiato di bruciare due dei pittori più geniali della storia moderna.








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